martedì 15 aprile 2014

Antonio Biafora: incontro con lo chef che desidera emozionare i suoi ospiti

Senza dubbio stiamo vivendo un momento di grande clamore mediatico per la cucina. L’interesse per questo settore, da sempre molto considerato e studiato nel nostro Paese, ha portato una nuova forma di comunicazione e di presentazione per uno stile di vita e un metodo di lavoro che da sempre caratterizza la nostra cultura e il nostro background di solide radici, tradizioni, contaminazioni e innovazioni.

La nouvelle cuisine ha codificato leggerezza,  tempi oculati di cottura, contrasto, freschezza, e cromaticità del piatto, modificando per sempre il modo di stare a tavole, di concepire il senso stesso di cucina, di tempi e di struttura.

Abbiamo oggi incontrato per voi lo chef calabrese Antonio Biafora,  che nel suo percorso professionale e di studio ha frequentato la scuola di cucina italiana Alma, seguendo grandi chef tra i quali Gaultiero Marchesi, uno dei più noti e importati chef internazionali, considerato il fondatore della "nuova cucina italiana".


Quello che sicuramente più colpisce dello chef Antonio Biafora è la professionalità che unita ad un’autentica passione e all’umiltà di chi vuole ancora crescere e stupirsi non lasciano certo indifferenti. Piatti unici concepiti con criterio, amore e correttezza nell’esecuzione. Con un’attenzione particolare alla stagionalità dei prodotti uniti al suo territorio di origine. C’è nella sua cucina un concetto e un’idea filosofica molto precisa e lineare, pur nella sua originalità: il ritorno alla tradizione, come strada da seguire per giungere ad un presente proiettato nel futuro.

Tra i tanti elementi gastronomici da lei utilizzati quali sono i criteri fondamentali per la scelta del piatto?

Di solito per la creazione di un piatto comincio sempre da un elemento essenziale per la sua creazione. Partendo da un solo elemento, vado ad inserire i vari ingredienti del caso che vanno ad arricchire e a dare corpo senza snaturarlo o modificarlo nella sua essenza concettuale. Parto dalle fondamenta del piatto per poi costruire la sua architettura come quando si iniziano i lavori di una casa.

Qual è uno chef o una scuola culinaria a cui si è ispirato maggiormente?

Ho studiato alla scuola Alma da Marchesi, ma senza dubbio il Maestro Rizzuti è quello che mi ha dato di più da un punto di vista concettuale, come pensare ad un piatto. Bracali da un punto di vista tecnico mi ha insegnato molto su come va presentato un piatto, cottura, ordine e precisione. Rizzuti mi ha insegnato a ragionare sul piatto, il perché e il percome. Ho miscelato queste due esperienze formative per creare una mia personale idea di cucina.

Cosa pensa debba trasmettere un piatto nel momento della sua creazione?

Cerco di trasmettere le mie emozioni e sensazioni, la mia passione per la cucina. L’impatto emotivo è importante in questo mestiere. Il mio obiettivo è catturare l’attenzione del cliente, riuscire a dare un’esperienza unica e importante. Capire l'emozione altrui non è semplice, bisogna immedesimarsi, è un fatto empatico che va stabilito subito, questo, forse è il segreto.

Per lei la cucina può assurgere al ruolo di opera d’arte o va comunque identificata come lavoro artigianale?

Penso che una vera opera d’arte debba resistere alla prova del tempo. Come un dipinto, come una musica. Far diventare la cucina arte non è semplice, dato che un piatto non può durare e rimanere nel tempo. 

Su questa risposta interrompo lo chef per esprimere un mio concetto personale, Antonio Biafora ha una visione dell’arte, della vita e del lavoro che è senza dubbio classica e rispettosa per le tradizioni, ma nel contempo ideale. Questo si percepisce dai suoi piatti e dalla filosofia che c’è dietro.

Penso che questa concezione di cuoco star, sia qualcosa di "modaiolo" e transitorio. La vera cucina resta, i personaggi vanno e vengono.

Cosa ne pensa di questo momento di interesse da parte dei media per la cucina? Pensa sia una cosa positiva o negativa per chi come lei è nel settore?

Purtroppo è diventata una questione di mero business, e spesso questa cosa danneggia la vera cucina. Masterchef ha rovinato il concetto di cucina, le persone da una parte si sono aperte alle innovazioni, ma dall’altra è una moda transitoria. Questo non va bene. La cucina ha delle basi importanti e solide. Prendiamo ad esempio uno chef famoso come Cracco, dietro la sua cucina c’è un background solido e una grande professionalità, eppure anche lui ha ceduto a questa spettacolarizzazione del format televisivo culinario. Eppure due anni fa quando la crisi nel settore era più che palpabile, anche Cracco stesso ha risentito di questo trend negativo.


Moda, trend e fenomeno mediatico non aiutano mai veramente un settore a crescere in modo corretto. Vero?

Le voglio raccontare un aneddoto. Mi sono recato da un fornitore di attrezzatura per cucina, qui in zona. Mi ha detto: Sai che da quando c’è masterchef  la vendita delle pinze da chef è raddoppiata. Ora, io prima della scorsa estate non avevo mai utilizzato le pinze. Adesso per fare lo chef tutti sentono il bisogno di avere le proprie pinze. Per me essere uno chef è invece determinato dalla tua idea, dal tuo concetto di cucina. Non è solo scena. Bisogna studiare e impegnarsi davvero per ottenere dei risultati in questo settore.

Questo incontro con lo chef Antonio Biafora avvenuta al Biafora Restaurant è stato caratterizzato da una grande accoglienza, dove eleganza e ospitalità sono le basi di un modo di vivere e di concepire la ristorazione. Davvero una serata interessante, ricca di spunti, di idee e di cucina di alta classe.

(Dario Greco)

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